Premessa

L’alta Valle dell’Orta ricompresa nel territorio del Comune di Sant’Eufemia a Maiella è inserita tra la falda occidentale del massiccio della Maiella e la falda orientale del monte Morrone ove è situato il Borgo medievale di Roccacaramanico frazione dello stesso Comune di Sant’Eufemia a Maiella.Il fiume Orta, che raccoglie le acque di un vasto bacino, separa appunto con un’ampia valle molto incisa i due massicci montani rendendo l’ambiente paesaggisticamente notevole presentando caratteristiche aspre e selvagge insieme ad una assoluta amenità, e proprio per la sua conformazionesono presenti tipi di habitat diversi seppure spazialmente contigui, il fiume, il bosco e la rupe, che quindi accolgono un ricco mosaico di specie tanto vegetali, quanto animali.Si tratta di una delle zone tra le più interessanti dal punto di vista geografico e antropico, storico e religioso, e, sotto l’aspetto naturalistico e ambientale, un’area tra le più ricche, caratteristiche e suggestive, dove si sono conservati i connotati più autentici di un tratto identitario e aggregante della terra, delle genti e della civiltà dell’AbruzzoLa varietà della morfologia e del clima favorisce un ambiente vegetazionale dotato della presenza simultanea dei domini mediterraneo, medioeuropeo e di alta montagna. Anche la fauna ospitata nella Maiella rivela specie rare e pregevoli come l’orso bruno marsicano, il cervo, il capriolo, il lupo; l’avifauna annovera l’aquila reale, la poiana, l’àstore, il gufo reale, il falco pellegrino, la coturnice e il merlo acquaiolo. Non mancano il gatto selvatico e la martora, il tasso e la faina, la donnola e la volpe, varietà di roditori, di rettili, anfibi, pesci e numerosi invertebrati.Macchie di pino d’Aleppo, pino nero e cipresso, boschi di Roverella, la Fillirea, il Leccio e l’Alaterno ed anche essenze più rare come l’Asfodelo della Liburnia, la Ginestrella di Valenza e l’Aubretia columnae. Ancora, chi ama la botanica potrà ammirare la Coronilla valentina, la Campanula fragilis e numerose specie di orchidee, mentre sulle ombrose pareti rocciose troviamo Lingua cervina, Capelvenere e Asplenio.Sempre lungo il fiume si impone la presenza di piante ripariali come varie specie di salici, il Frassino meridionale, la Farnia e la Tifa minore. In questi ambienti vivono numerose specie di piccoli uccelli appartenenti al genere Sylvia, tipiche degli arbusteti mediterranei, mentre nei tratti più elevati nidificano il Falco pellegrino e il più raro Lanario. Tra gli uccelli i più tipici e di più facile osservazione sono il piccione selvatico e il Rondone maggiore. Tra rapide e tratti torrentizi vivono la Ballerina gialla e il Merlo acquaiolo.Oltre ai predatori comuni come il Tasso e la Faina, degna di nota è la presenza della Lontra, di cui sono state più volte rilevate le orme a ridosso dell’alveo del fiume e che pare abbia trovato nell’Orta delle caratteristiche a lei congeniali.Nella sfera religiosa, il cristianesimo medioevale ha trovato qui un ambiente favorevole allo sviluppo della religiosità, com’è comprovato dalla precoce e capillare diffusione delle tombe rupestri, dei cenobi e degli eremi. Questi ultimi a testimonianza carismatica di Pietro da Morrone. La profonda e rivoluzionaria spiritualità celestiniana, forgiatasi tra le balze della Maiella e del Morrone, s’impone alla coscienza religiosa del suo tempo, trascende la contingenza storica contemporanea con la rigorosa pratica mistica, con la fede incrollabile nell’instaurazione del regno salvifico dello Spirito, con un messaggio denso di concezioni universalistiche nei confronti della natura, della formazione e del progresso della coscienza dell’umanità, che favoriscono la posteriore affermazione della chiesa universale.Al fine di conservare tali peculiarità biogeografiche, nonché recuperare e valorizzare il patrimonio storico-culturale dell’area relativa all’alta Valle dell’Orta, si propone per la stessa l’istituzione di una Riserva storico-naturalistica.L’area interessata dalla Riserva ricade nell’ambito del Parco Nazionale della Maiella istituita con L. 394/1991 e contiene delle persistenze interessanti quali: il giardino Botanico “Daniela Brescia”, la Grotta dei Lucidi, La Grotta delle Femmine, la Grotta dei Briganti e la Grotta di Zappano, laparrocchiale di S. Eufemia dedicata a San Bartolomeo Apostolo, con tipologia a tre navate fiancheggiate da un campanile del 500, ed il borgo medievale di Roccacaramanico ove trovasi l’interessante Museo Etnografico testimonianza storica dell’homo laborans del comprensorio Maiella-Morrone.



Inquadramento geologico

L’Alta valle del fiume Orta è caratterizzata dalla presenza di numerose sorgenti e da una morfologia articolata, espressione della confluenza di incisi solchi torrentizi. Nella sua natura geologica, la valle dell’Orta risulta una struttura “depressa” di origine morfotettonica posta tra la montagna del Morrone ad ovest e la montagna della Maiella ad est. Questi rilievi, tra i più elevati dell’Appennino centrale, sono costituiti da rocce sedimentarie (calcari, calcari dolomitici e marnosi, talora con selce in liste e noduli) derivate da sedimenti depostisi tra 165 e 5 milioni di anni fa, in ambienti di “piattaforma e rampa carbonatica”: antichi fondali simili per gli ambienti di piattaforma a quelli degli attuali atolli dell’arcipelago delle Bahamas, e per gli ambienti di rampa carbonatica, a quelli che caratterizzano oggi il Mar Rosso. L’origine geologica di queste montagne è ben testimoniata dalla ricorrente presenza di fossili marini (alghe, foraminiferi, molluschi, echinidi) che si rinvengono quasi in ogni strato delle rocce. Nella parte media e bassa dei versanti,. con maggiore estensione della valle affiorano rocce argillose in strati sottili talora in alternanza con strati di sabbie ed arenarie (sabbie cementate). Sono queste ultime rocce di origine marina ma di età più recente dei calcari, depostesi tra 5 e 3 milioni di anni fa, in un ambiente completamente differente, l’avanfossa: un bacino di mare profondo, dove si accumulavano con prevalenti meccanismi di frane sottomarine, dette torbiditi, volumi imponenti di sedimenti “terrigeni”. Il bacino di avanfossa è un particolare sistema geologico deposizionale che si evolve al fronte di una catena montuosa in formazione: ovverosia tra 5 e 3 milioni di anni fa le antiche piattaforme carbonatiche (le attuali montagne del Morrone e della Maiella) furono sottoposte, in successione, a spinte orogenetiche che le hanno traslate, deformate e sollevate. In particolare dal primo smantellamento delle rocce carbonatiche della nascente catena dell’Appennino centrale, hanno origine corpi sedimentari discontinui di conglomerati calcarei, dalla geometria lentiforme (banchi) che si intercalano con più orizzonti, nella formazione delle argille ed arenarie. Su questi banchi e con blocchi di pietra di queste rocce (un tempo denominata “granitino d’Abruzzo”) oggi conosciute tra i geologi con il nome di “Conglomerati di Roccacaramanico” è stato costruito l’omonimo borgo medioevale. Nella storia geologica dell’area, il processo orogenetico ha determinato negli ultimi due milioni di anni la completa emersione della catena appenninica, catena che tuttora continua lentamente a sollevarsi (una dinamica a cui è associata anche la nota sismicità regionale). Questo fenomeno viene “contrastato” dalle azioni dei processi di erosione chimica (carsismo) e meccanica, dall’azione dei ghiacciai attivi durante le fasi in cui si instaurarono condizioni globali di clima freddo, dall’erosione diffusa e concentrata delle acque fluviali. I processi di erosione dei rilievi hanno dato origine, lungo i versanti fino all’alveo del fiume, lungo tutta la valle dell’Orta, ad altri tipi di sedimenti e rocce di genesi continentale. Sono rocce sciolte quali i detriti, i blocchi di frana, le brecce (detriti cementati) che costituiscono dunque i prodotti finali dell’erosione e del disfacimento delle rocce preesistenti, sia carbonatiche che terrigene. Agli stessi processi, che intervengono come agenti morfologici, sono dovute le forme di modellamento, che nel loro insieme costituiscono gli affascinanti paesaggi che caratterizzano le nostre amate montagne e la valle dell’Orta.

Analisi urbanistica-architettonica

Le fasi e le vicende della formazione di S. Eufemia a Maiella e Roccacaramanico vanno ricercate prioritariamente nella loro storia che, analizzata anche sotto l’aspetto economico-sociale, può fornire gli elementi per la migliore individuazione delle parti costitutive dei due centri e delle leggi che hanno presieduto alla loro forma attuale.I comuni di S. Eufemia a Maiella e Roccacaramanico nel Medioevo furono sotto l’Abazia di S. Clemente a Casauria che vi possedevano pascoli e boschi. Inizialmente insistevano sulla zona solo case sparse di pastori; i due centri urbani si formarono per esigenze di organizzazione nel tardo Medioevo. Su di essi si susseguivano diversi domini di casati, che vanno dai principi D’Aquino di Napoli conti di Loreto, alla Principessa Vecchia di Stigliano, a Giovanbattista Castruccio ed infine passarono sotto il Regno di Napoli di Carlo III di Borbone.Roccacaramanico divenne Comune a sé nel 1806 sotto la dominazione napoleonica, mentre S. Eufemia a Maiella si distaccò da quello di Caramanico nel 1834. Il 17 Marzo 1927 con R.d.L. n. 383, convertito in Legge 7 giugno I928, n. 382, gli agglomerati di S. Eufemia e Roccacaramanico furono riuniti in un unico Comune con capoluogo in S. Eufemia a Maiella.Il territorio fu interessato da diverse scosse sismiche negli anni 1627, I703, I706 e fu proprio nel 1703 che Roccacaramanico fu distrutta. Nonostante il variare degli eventi storici sopra accennati la tipologia edilizia dei fabbricati ed il tessuto urbano sono rimasti invariati perchè il carattere socio-economico degli abitanti non ha subito alterazioni essendosi sempre dedicati alla zootecnia e all’agricoltura.I noti squilibri tra costa ed interno sono qui aggravati dalla caduta della tradizionale economia zootecnica e agricola che è stata sostituita dalla episodica comparsa di insediamenti artigianali e turistici. Tale fenomeno ha portato ad un graduale spopolamento che nel ventennio che va dal 1960 al 1970 ha prodotto un dimezzamento degli abitanti di S. Eufemia a Maiella e la quasi scomparsa totale di quelli di Roccacaramanico.La struttura urbana di S.Eufemia a Maiella si è sviluppata principalmente lungo l’unico asse di viabilità primaria che attraversa tutto il territorio nella sua lunghezza ed è la Strada Statale 487 che collega da una parte S.Eufemia con Caramanico, S.Valentino e la vallata del Pescara e dall’altra con Passo S. Leonardo e quindi con la conca di Sulmona.E’ chiaro che tale asse infrastrutturale ha funzionato da volano per tutte le attività commerciali del territorio e da esso il centro si è sviluppato a raggiera collegando lo stesso con le varie Ville sparse (Villa Ricciardi, Villa San Giacomo ecc.) saturando il tessuto urbano lungo questi assi viari di penetrazione. La tipologia abitativa presenta caratteri tipicamente residenziali lungo l’asse viario principale, mentre man mano che ci si allontana dal centro le costruzioni assumono l’aspetto tipico di residenze agro-pastorali, anche se oggi per la maggior parte ristrutturate e destinate a residenze turistiche o comunque occupate temporaneamente. Dall’analisi condotta in occasione della redazione del Piano di Recupero è stata rilevata un’eccedenza di volumetria residenziale, rispetto agli abitanti pari a mc. 35.500 che, ipotizzando un rapporto di mc. I20/ab, permetterebbe di alloggiare circa 300 abitanti tra residenti effettivi e residenti temporanei.Per quanto riguarda Roccacaramanico la sua struttura urbana è tipicamente di impianto medievale in quanto, a differenza di S. Eufemia, e data anche la sua posizione strategica, acquista nel tempo una funzione difensiva (in documenti databili tra il XIV e XV secolo ricorre la dizione Castrum Rocchettae) nel territorio dell’Alta Valle dell’Orta dato che da esso si poteva controllare sia l’unica via che attraversava la valle, sia il passo di S. Leonardo che metteva in comunicazione la valle stessa con il versante Ovest della Maiella e quindi con i centri di Sulmona e Pacentro.Come sopra detto Roccacaramanico risente in maniera drammatica del fenomeno dello spopolamento e del conseguente degrado urbano. Tuttavia tale fenomeno, pur se negativo sotto l’aspetto sociale ed economico, ha permesso di conservare intatto l’impianto urbanistico medievale. A tale conservazione hanno contribuito in maniera determinante sia il Comune di S. Eufemia a Maiella con il Piano di Recupero del 1982, interessante i due centri, e sia il Parco Nazionale della Maiella con il proprio Piano del 1999. Infatti, tenendo presente che agli inizi degli anni ’80 cominciò a profilarsi a Roccacaramanico la presenza periodica, ma nel tempo continuativa, di famiglie che acquistarono parte delle case diroccate per poi procedere al loro recupero. Recupero avvenuto, a parte alcuni casi, nel rispetto delle norme sia urbanistiche che nell’uso dei materiali dettate dai richiamati strumenti urbanistici. Tale fenomeno di ripopolamento è tutt’ora in corso e ciò ha permesso di recuperare oltre il 60% delle abitazioni facendo sì che Roccacaramanico sia il borgo mediavele meglio conservato della provincia di Pescara.Inoltre nel 1981 dagli stessi residenti periodici di Roccacaramanico è stata costituita l’Associazione Roccacaramanico che tra i molteplici obiettivi ha anche quello di conservazione delle caratteristiche del Borgo attraverso soprattutto un’opera di sensibilizzazione tra gli stessi residenti e quanti vengono a visitarlo. Anche per Roccacaramanico ipotizzando un rapporto di mc. I20/ab., e date le caratteristiche fisiche dei vecchi edifici e le difficoltà di recupero di alcuni di essi, potrebbero essere recuperati alloggi per un insediamento abitativo di circa 245 persone.

La flora

La flora nel territorio interessato si caratterizza per la ricchezza di specie che ammontano ad oltre 2100 entità (il 65% della flora abruzzese e il 37% di quella italiana) e per l’originalità espressa attraverso il numero degli endemismi che ammontano a 142 specie (12% della flora endemica italiana). Le entità endemiche per eccellenza sono sicuramente la Soldanella del Calcare e il Fiordaliso della Maiella, scelte rispettivamente come elementi simbolo dei giardini botanici del Parco Nazionale della Maiella.Oltre alla componente endemica ciò che arricchisce ancor di più la flora è la presenza di numerosi elementi floristici, dovuti sia alla particolare posizione del massiccio montuoso (settore più meridionale d’Europa della Regione Alpina) a cavallo tra diverse regioni biogeografiche, sia alle vicissitudini evolutive del passato. Sulle alte quote della Maiella si concentrano i relitti glaciali con specie quali la Driade, il Papavero alpino oltre a numerose entità balcanico appenniniche, il cui areale gravita nei settori balcanici, ne sono esempi la Stella alpina appenninica, la Genziana appenninica e l’Astro alpino. Altra importante peculiarità è costituita dai relitti xerotermici che si rifugiano sulle pendici più soleggiate. La grande escursione altitudinale che contraddistingue il massiccio della Maiella ha determinato la presenza di più di differenti habitat:

Il bosco misto

Alle altitudini minori e fino a 700 metri, intervallati da radure e campi coltivati, sono presenti formazioni boschive di latifoglie costituite prevalentemente dalla Roverella. Nell’area pedemontana della Maiella, quella che ha risentito maggiormente del protrarsi dell’azione umana, avendo rappresentato la zona di confine fra gli ultimi campi coltivati e i boschi montani, le querce lasciano il posto all’Orniello, al Carpino nero, all’Acero, al Tiglio, ai Sorbi e al Nocciolo. Anche in questa fascia vegetazionale, tuttavia, il bosco misto non costituisce vere e proprie foreste, ma permane allo stato di boscaglia nelle zone di difficile utilizzazione agricola ed in corrispondenza dei pendii più scoscesi.

La faggeta

Con il progressivo diradarsi del bosco misto cominciano ad apparire i primi faggi. Inizialmente accompagnati dall’Acero di monte, dall’Agrifoglio, dal Sorbo montano e dal Maggiociondolo, diventano sempre più predominanti fino a costituire soprassuoli pressoché monospecifici nel piano montano. La fisionomia discontinua delle faggete presenti oggi nei territori della Maiella dipende, oltre che dai fattori climatici, dall’interesse che esse hanno rappresentato nel corso degli anni trascorsi nell’economia delle popolazioni residenti.Sottoposte a sfruttamento per ottenerne combustibile, materia prima per la fabbricazione di mobili ed utensili d’uso comune, distrutte per ricavarne nuovi pascoli per l’allevamento del bestiame, le faggete pervenuteci hanno un’estensione e una densità notevolmente ridotte rispetto al passato. Cessata la destinazione commerciale di cui erano state oggetto, oggi, fortunatamente, le faggete vengono gestite con programmi che tendono ad un recupero delle fustaie e, contestualmente, ad una nuova condizione di seminaturalità.

I prati aridi

Derivati dai disboscamenti e dagli spietramenti operati in passato alle quote più basse della Maiella per l’ottenimento di nuovi terreni da adibire alle coltivazioni e al pascolo, i prati aridi sono oggi molto numerosi ed estesi. L’abbandono delle colture agrarie, dovuto alla progressiva riduzione dello spessore del terreno per l’azione delle acque meteoriche sul suolo in pendenza, avvenuto nonostante le opere di contenimento in pietra a secco, ha favorito la nascita di una vegetazione spontanea più adattabile alle condizioni di sopravvenuta aridità. Espressione tipica di questa vegetazione è data dal Bromo, una grarninacea la cui diffusione è talmente preponderante che queste praterie vengono chiamate anche “brometi”. In condizioni di estremo degrado del terreno, con presenza di affioramenti rocciosi e pietrame sparso, il prato viene colonizzato da alcune specie di arbusti xerofili dando vita a quella formazione vegetale che viene chiamata “gariga”. Sia il brometo che la gariga, nonostante le difficili condizioni di vita, sono ricchissime di fioriture, in particolar modo nelle stagioni piovose della primavera e dell’autunno. Durante tutto l’anno rappresentano comunque habitat importanti per numerose specie animali ed in particolar modo per gli insetti.

La mugheta

Questa densa e intricata formazione vegetale, presente in Italia prevalentemente sulle Alpi orientali, raggiunge sulla Maiella un’estensione considerevole, ed è sicuramente la più estesa della catena appenninica, dove la si trova anche sul Morrone. La specie che dà vita a questa particolarissima cenosi, occupante la zona altitudinale superiore al limite di vegetazione della faggeta, é il Pino mugo. Dall’aspetto cespuglioso e dagli aghi verde cupo, con i rami dal legno estremamente flessibile che sembrano strisciare parallelamente al suolo, questa pianta rappresenta lo sforzo evolutivo compiuto dalla natura per resistere negli ambienti dalle condizioni più proibitive: venti impetuosi, pesanti carichi di neve, gelo, aridità. Di notevole effetto paesaggistico quando interrompe con macchie scure il candore delle nevi invernali o quando, semisommerso dai detriti delle rocce in disgregazione, sembra emergere dalle pendici pietrose, il Pino mugo é una delle specie montane più interessanti della Maiella.

Le praterie altomontane “di derivazione”

I prati d’altitudine esistenti oltre il limite del bosco, un tempo ricoperti dalle faggete e dalle boscaglie di pino mugo, derivano, come quelli delle quote inferiori, dai disboscamenti effettuati in passato per ottenere foraggio per gli allevamenti. Costituiti prevalentemente da graminacee, sono oggi lentamente riconquistati dal bosco dopo anni di sfruttamento eccessivo che li vedeva in un forte stato di degrado causato soprattutto dalla consistente riduzione dello spessore del terreno.

Le rupi e le pietraie di vetta

Oltre i 2000 metri, al di sopra delle praterie d’altitudine, il pendio si attenua gradualmente e i valloni si aprono imprimendo al paesaggio un cambiamento radicale. L’ambiente presenta vasti altopiani interrotti solo da cime tondeggianti e profondi circhi di origine glaciale, dove i ghiaioni spazzati dalla furia dei venti formano un deserto di pietra dal suggestivo aspetto lunare. In questo habitat, simile alle tundre dell’estremo Nord, nonostante le proibitive condizioni climatiche, forme vegetali di notevole preziosità ed interesse si sono mirabilmente adattate assumendo la caratteristica forma a “pulvino” (cuscinetto) per resistere ai venti, o rivestendosi con un’abbondante peluria per proteggersi dalle forti escursioni termiche e per diminuire la traspirazione, come le specie appenniniche della stella alpina e del genepì.

La fauna

La millenaria, invadente e distruttiva azione dell’uomo, aveva portato alla completa estinzione dei grandi erbivori selvatici dall’area della Maiella ed alla estrema rarefazione, in aree sempre più marginali, della fauna più pregiata del territorio. L’ultimo esemplare di Camoscio nel massiccio della Maiella fu abbattuto nell’ottocento, analogamente al capriolo e al cervo. L’Orso, ridotto a pochi esemplari, è riuscito a sopravvivere in condizioni precarie nelle foreste più impenetrabili, così come la Lontra. Solo il lupo, soprattutto per l’abbondanza di greggi e la maggiore capacità di adattamento è sfuggito all’annientamento. Grazie all’affermarsi, anche tra le popolazioni dell’area, della cultura della conservazione, ai notevoli sforzi compiuti da Corpo Forestale dello Stato, dal Parco Nazionale d’Abruzzo, dal WWF Italia, dal Club Alpino Italiano, la situazione è mutata radicalmente. Cervo e Capriolo, oggi popolano quasi tutte le aree boscate e le radure, il Camoscio d’Abruzzo, è tornato signore incontrastato delle vette e praterie d’alta quota dove si riproduce regolarmente.L’Orso bruno Marsicano, è segnalato anche sul massiccio della Maiella. Il Lupo Appenninico per effetto dell’abbondanza di prede naturali è tornato alle antiche abitudini predatorie. La Lontra, l’animale più esclusivo del territorio, è segnalato nelle acque dell’Orfento e dell’Orta. Gli ambienti forestali, oggi sottoposti ad un’oculata politica di uso razionale delle risorse boschive, ospitano Gatto selvatico, Martora, Faina, Donnola, Puzzola, Picchiodorsobianco, Falco pecchiaiolo, Astore e tante altre specie, tra cui anfibi particolarmente rari come l’Ululone dal ventre giallo, la Salamandra appenninica e la più rara Salamandrina dagli occhiali. Gli aspri e grandi valloni calcarei, tipici della Maiella, costituiscono rifugio ideale per l’Aquila reale, Gracchio corallino, Gracchio alpino, Picchio muraiolo, Falco pellegrino ed il raro Lanario. In alto, negli ambienti delle mughete e praterie d’alta quota vivono, tra i tanti, la rara Vipera dell’Orsini, il Fringuello alpino, il Sordone, l’Arvicola delle nevi. Esclusivo della Maella è il Piviere tortolino che su questa montagna ha trovato l’ultimo rifugio. Come un quadro variopinto, la Maiella è abbellita dai colori delle farfalle, presenti in quasi tutte le specie diurne e notturne italiane. Molti anche gli insetti presenti nell’alta Valle dell’Orta come il coleottero Polydrusus lucianae o l’ortottero Italopodisma lucianae presente nelle praterie d’alta quota.